ART THINKING PROJECT

Sede istituzionale
Cascina Libera

via filippo casini 8 – 00153 Roma

 

Sede operativa

Studio 33

via della paglia 33a – 00153 Roma

 

Mail: info@art-thinking-project.net
Mobile: +393355877992

 

MAEL

ARTE IMPRESA: CONVIVENZA, ECONOMIA, FELICITTÀ

In questa sezione c’è la storia dell’art thinking, anche quello ante litteram, quel modo di pensare, immaginare, progettare, realizzare utensili funzionali, sostenibili e bellissimi, fare impresa e costruire città che, dalla Preistoria alle città d’arte, dal Rinascimento a Olivetti, ha innervato e alimentato aziende, processi, società, individui e territori producendo valore permanente nella vita pubblica e in quella privata. È la storia infinita ed evolutiva della ricerca, delle ibridazioni che scoprono nuovi mondi e nuovi modi di interpretare e stare al mondo. Dal modello delle botteghe rinascimentali a quello della città dell’Uomo di Olivetti, impresa, artigianato, agricoltura e urbanistica coniugano e rimettono insieme le loro radici comuni attraverso lo sguardo tipico dell’arte, anche quando è inconscio, e creano nuove matrici del vivere, convivere e innovare. Un esempio? I Sassi di Matera, una città dalla forma urbis rupestre a cui quelli che noi chiamiamo trogloditi 6mila anni fa danno la forma di utero, luogo della creazione, e di alveare, luogo di convivenza e produzione armonica per antonomasia, fatto di esagoni e di geometrie irregolari che però creano grembi in cui ogni cosa è al suo posto.

Se osservi la forma del famoso pane di Matera vedrai che è identica alla Murgia, il territorio carsico su cui cresce il grano che serve a fare il pane stesso. Identità morfologiche e culturali diventano un’unica cosa e, quando accade, la “comunicazione” di prodotti e territorio è talmente autentica che resta nell’immaginario per sempre.

È una questione di misura, come l’arte, come l’architettura di qualità, come la musica, come il suono, come l’universo, come le geometrie auree di cui siamo fatti. Gli unici a conoscere i rapporti tra misura ed eros sono gli artisti, i più grandi.

I distretti culturali di tutto il mondo seguono esattamente questi modelli: dallo Spinnerei di Lipsia a Wynwood di Miami, da La Friche di Marsiglia all’Ars Electronica Center di Linz si può vedere come aver deformattato le categorie obsolete del ’900 e aver rimesso insieme impresa e cultura, mestieri e filosofia, artisti e produzione ha fatto crescere ogni giorno distretti e centri culturali ibridi dove imprese e città uniscono arte e lavoro, in tutti sensi e in ogni verso possibile, producendo crescita del PIL a due cifre, aggregazione, inclusione, cooperazione, incontro tra diversità e scambio internazionale.

In Italia le istituzioni hanno capito che chi può davvero creare questo enorme valore sono pochissimi professionisti titolati?

Hanno avuto esempi straordinari anche recenti, come la rigenerazione di Mirafiori a Torino o, molto prima, il quartiere Bellavista di Ivrea voluto da Adriano Olivetti e alcuni altri. Noi di Art Thinking Project studiamo questi temi da oltre 20 anni, abbiamo visitato tutti i distretti culturali del mondo e abbiamo imparato dai progettisti della Ruhr e dello Spinnerei.

Artisti, filosofi, poeti, designer, architetti, letterati e intellettuali furono chiamati da Olivetti per indagare i desideri dell’Uomo, esplorare l’ignoto, rompere gli schemi, innovare processi, prodotti e metodi, proteggere la vera vocazione italiana: l’innovazione continua dell’arte attraverso la formalizzazione dell’intangibile, l’evoluzione dell’immaginario intelligente, il potere della fantasia colta.

Adriano Olivetti perseguiva responsabilità sociale ma soprattutto culturale, produceva benessere ma anche conoscenza, valorizzava l’Uomo attraverso l’arte e il lavoro intesi come una sola cosa: la matrice unica della ricerca, del senso della vita, dell’emancipazione individuale e collettiva.

Artisti, operai e scienziati diventano fattori organici dello sviluppo reale: arte e scienza, entrambe discipline legate alla conoscenza, all’estetica – che non è cosmetica ma percezione informante – all’immaginazione e alla ricerca, innervano i processi produttivi, le relazioni, lo sviluppo urbano e territoriale. Per questo Olivetti, ma non solo lui, aveva inserito gli artisti sugli impianti per valorizzarne le pratiche immaginifiche: aveva compreso che l’arte è il ceppo originario di ogni esperienza. La mente ragiona per immagini, da qui si comprende quanto l’arte sia fondamentale.

La logica ti porta da A a B, l’immaginazione ti porta ovunque (A.Einstein)

Dagli anni ‘30, anche nel caso di IRI l’arte entra nei processi aziendali. Eugenio Carmi, compianto artista e designer genovese, con altri colleghi che lo seguiranno fino alla chiusura del 1965, sin da giovanissimo trascorre le sue giornate sugli impianti, con gli operai, considerandoli la fonte primaria della creatività necessaria a ricerca e sviluppo. Insieme a ingegneri e progettisti dell’IRI intanto gli artisti innovano i processi produttivi, costruiscono navi di nuova generazione e inventano prodotti di successo. IRI diventa un modello internazionale, oltre che una delle aziende più ricche e importanti del mondo. Carmi comincia a intervenire con la sua pittura sui cartelli antinfortunistici, riduce gli incindenti sul lavoro e la direzione dell’impresa gli affida prima alcuni impianti, poi l’intero stabilimento di Voltri, dove faranno il miglior acciaio del mondo fino al 1965, anno in cui questa esperienza viene inspiegabilmente chiusa dalla nuova gestione.

In quegli anni nasce la celeberrima rivista Civiltà delle Macchine impreziosita dalle opere degli artisti, poi ancora Rivista Cornigliano e Italsider, insieme ad altri progetti editoriali di altissima qualità dove arte e impresa si fondono. Anzi, tornano a fondersi riscoprendo la radice unica che le accomuna.

Fioriscono mostre in tutto il mondo, da Spoleto (Sculture nella città, 1962) a New York (David Smith, Voltri, 1963) sull’esperienza e il modello IRI Arte & Industria. Il Sindaco di New York dedica una mostra di pittura a un’impresa che produce acciaio e la chiama con il nome dello stabilimento di Genova; ci dice qualcosa?

Ars Electronica Center di Linz (qui sopra) è attivo dal 1979 e produce ricerca ad ogni livello e per ogni setttore della vita pubblica e privata, avendo riunito sotto lo stesso tetto competenze di ogni genere, dagli artisti visivi agli scienziati, dai manager ai politici, dai sociologi agli studenti, dagli artigiani ai commercianti.

In questo modo le vecchie categorie del ’900 si armonizzano, abbattono steccati asfittici, lavorano e dialogano quotidianamente tra loro per la soluzione di tutti i problemi del Paese e delle città; la Giunta municipale partecipa OGNI GIORNO ai lavori dei team e gli artisti mettono in mostra, come solo loro sanno fare, i risultati di queste ricerche, rendendo fruibili e comprensibili a chiunque persino le materie più complesse. Un vero e straordinario esempio di Art Thinking. Dal 1979. 

L’Autogrill di Villoresi Ovest (sopra) sull’autostrada Milano Laghi, progettato e realizzato nel 1958 dall’architetto Angelo Bianchetti su committenza di Mario Pavesi, sono un altro emblema della genialità imbattibile degli imprenditori, degli architetti e dei designer italiani. Si vede bene che l’ispirazione è pittorica; una matrice immaginifica eccezionale e sfuggente a ogni logica di normalità commerciale come verrebbe intesa dalle logiche prevalenti e scontate di oggi.

Il nostro luogo di elezione, lo Spinnerei di Lipsia (sopra). Dal cotone alla cultura, dal degrado all’arte di vivere.
Questo è uno dei più ambiziosi progetti di rigenerazione e trasformazione urbana d’Europa dopo la Ruhr: l’ex cotonificio di Lipsia, il più grande in Europa fino al 1989, è un eccellente esempio di come un’area industriale dismessa possa trasformarsi e interagire con la città, le industrie e l’intero tessuto economico dell’area, influenzando positivamente i modelli di crescita territoriale di una città (più di 500. 000 abitanti, il doppio considerando il distretto) e raddoppiandone il PIL in 10 anni.

20 edifici su un sito di circa 10 ettari: 99.000 mq di spazio utilizzabile. Nel 2001 la proprietà viene acquistata da Florian Busse (Heintz&Co.), Tillmann Sauer-Morhard e Bertram Schultze (nel 2002 si è aggiunto Karsten Schmitz). In questi primi anni nasce la nuova identità culturale dello Spinnerei, che si afferma a livello nazionale e internazionale, associandosi sempre più all’arte di qualità: le gallerie e gli investitori cominciano ad interessarsi agli spazi liberi del complesso.

Oggi è un luogo di eccellenza accreditato a livello internazionale, produce investimenti e nuovi posti di lavoro ogni anno ed è contemporaneamente un incubatore e uno spazio di vita, di lavoro e di cultura aperto al pubblico e alle iniziative private. Frutto di una sana collaborazione tra pubblico (Città di Lipsia, Stato libero di Sassonia, Repubblica Federale), privato (imprenditori) e artisti, ha portato a Lipsia migliaia di collezionisti, investitori e turismo culturale, incrementando l’indotto e generando tassi di sviluppo tra i più alti e rapidi al mondo. Porsche, Amazon, Mercedes e altre 14 aziende internazionali lavorano con gli ARTISTI ASSUNTI IN ORGANICO, coinvolti pienamente da monte a valle di ogni singolo processo gestionale e produttivo.

Grazie a Spinnerei, agli investitori e agli imprenditori che ci hanno creduto, alla politica territoriale e nazionale, e grazie agli artisti, Lipsia è un modello mondiale di sviluppo territoriale dovuto all’arte e alla cultura, partito proprio dallo Spinnerei; decine di ristoranti e hotel di design, due nuovi musei di arte contemporanea, la città in continua evoluzione e fermento, turismo colto destagionalizzato, senso di appartenenza completamente rigenerato. Nuove economie prodotte dall’arte. 

La Friche de la Belle de Mai a Marsiglia (sopra). Distretto culturale e incubatore di arte e imprese.
Fino a poco tempo fa era un impianto produttivo della Seita, oggi è luogo di creazione, confronto tra cultura e imprenditoria e, soprattutto, di innovazione sociale e industriale. La Friche de la Belle de Mai, 100.000 mq di superficie, è, allo stesso tempo, un luogo di produzione (vi lavorano quotidianamente circa 400 artisti e creativi) e uno spazio aperto al pubblico.
Con quasi 300.000 visitatori l’anno, questo spazio multifunzionale propone mostre, festival, spazi profit e no profit, gallerie e studi d’artista aperti ogni gorno.

La Friche, che ha preso il nome da quello del suo quartiere, Belle de Mai, promuove tutte le sue attività con la volontà e lo scopo primario di relazionarsi con il suo territorio di riferimento più prossimo: azioni culturali con scuole e centri sociali, mantenimento di aree di gioco e di sport, riaperture di spazi cinematografici cari al quartiere, e molto altro. In circa trent’anni, la Friche ha guadagnato l’immagine, agli occhi dei cittadini di Marsiglia e della Francia, di un nuovo territorio di sperimentazione che permette di creare sinergie tra arte, cultura, architettura, urbanistica, sport, gastronomia. Elementi che producono conoscenza per gli abitanti e attrazione intelligente per i viaggiatori.

Le imprese sono partner essenziali in un quadro di continuo sviluppo di progetti molto ambiziosi. Grazie a un’identità forte, ai progetti portati avanti sinora e alla loro importante componente innovativa, Friche ha un ruolo di motrice sulle questioni urbane e socio culturali della città di Marsiglia, e gode di una grande copertura mediatica.

QUALCHE DATO SULL’ECONOMIA DELL’ARTE E DELLA CULTURA
227 miliardi di euro il giro di affari annuale della cultura in Italia, pari al 15,6% del PIL nazionale.
443 mila imprese coinvolte (7,3% del totale Italia).
84,6 miliardi di euro pari al 5,8% della ricchezza prodotta in Italia.
A fronte di una fiscalità adeguata, questo enorme flusso finanziario produrrebbe straordinari benefici per il Paese.
1,5 milioni di persone lavorano nel sistema produttivo culturale, pari al 6,3% del totale degli occupati in Italia.
Nomisma dice che, se avessimo l’IVA e le defiscalizzazioni delle liberalità pari a quelle di Germania e Francia, produrremmo 251mila nuovi posti di lavoro. Per ogni euro speso in cultura, se ne attivano 1,7 in altri settori: l’effetto moltiplicatore della cultura genera indotto per 143 miliardi.

Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco (Bruno Munari, sotto)

 

PRIMA LA RIGENERAZIONE UMANA, POI QUELLA URBANA.

 

Rigenerare, riqualificare, trasformare, riutilizzare, riciclare: il trend del momento è tutto sintetizzato in questi verbi. Le usano tutti e in tutto il mondo, ma questo non vuol dire che non siano espressione di valore. Anzi.

Non abbiamo cambiato il nome al Colosseo solo perché è diventato una cartolina per turisti annoiati; si chiama così perché altrimenti non avrebbe la sua identità. Resilienza e rigenerazione sono termini che rappresentano concetti fondamentali.

Per noi e per tutta la nostra community la rigenerazione è un concetto strategico e fondante; da oltre quindici anni la chiamiamo rigenerazione umana invece che urbana perché, insieme agli abitanti, agli imprenditori, ai migliori artisti, gli architetti e gli altri professionisti del nostro network, progettiamo trasformazioni ed evoluzioni territoriali o imprenditoriali (o entrambe) in modalità tailor made partendo dalle identità di persone e luoghi, quelle antiche e quelle che ancora non vediamo, dai desideri reali, dai sogni e dai bisogni, dalle capacità artigianali e professionali, dalle radici autentiche intese come unicum di visione, attitudine e conoscenze. Non dalle mura. Indaghiamo questi sentimenti e queste emozioni invisibili con metodi legati al gaming emotivo dell’arte, usando gli asset territoriali, trasformandoli in simboli e interrogando l’inconscio collettivo in modalità poetica. Solo così ottieni la verità vera.

Abitare, accogliere, incontrare, divertirsi, vivere e convivere è una questione antropologica e tutto deve partire dalla neurobiologia di cui siamo fatti: gli esseri umani ragionano per immagini. 

Chi si occupa di progettazione culturale evolutiva nutre l’immaginario con gli artisti migliori, facendo emergere capacità sopite attraverso l’arte e innestandole in vecchi e nuovi processi produttivi, agricoli, artigianali, ambientali, ludici, commerciali e oltre, scoprendo opportunità inedite.

L’incontro tra arte e lavoro genera nuove economie e nuova felicità interna lorda.

Questo avviene più facilmente nei Distretti culturali contemporanei. Di seguito puoi continuare a leggere di esempi mondiali di rigenerazione dove le aree dismesse o i quartieri degradati sono stati trasformati, sin dagli anni Duemila, in luoghi di incontro, divertimento e cultura; distretti multidisciplinari veri e propri dove persone, imprese, artisti di ogni genere, dalla danza al teatro, dall’arte alla musica, e poi scuole, politici e investitori si incontrano ogni giorno e tutti insieme si scambiano conoscenze e danno forma allo sviluppo economico territoriale attraverso le pratiche ibride dell’Art Thinking.

Vai a visitarli quando puoi, sono aperti notte e giorno e succede di tutto. Sono in tutto il mondo, anche in Italia (troppo pochi, in verità).

I Distretti e i Centri culturali di nuova generazione sono esperienze indelebili. Noi ci andiamo ogni volta che possiamo, anche in vacanza. Cultura è il participio futuro del verbo coltivare, non accademie e biblioteche annoianti ma dispositivi relazionali di stimolo, sviluppo dell’immaginazione e divARTImento intelligente.

 

Art Districts: cooltural and intelligent places

Di seguito, i web site di alcuni dei luoghi di rigenerazione da archeologia industriale, recupero dal degrado e trasformazione urbana che hanno dato vita a nuovi centri ibridi e distretti culturali che, a loro volta, generano innovazione sociale e imprenditoriale, crescita dei cittadini, incontro tra culture che non dialogavano, sviluppo territoriale, confronto tra generazioni e divertimento intelligente. Sono nate nuove e fiorenti economie, nuova impresa, turismo culturale e sono arrivati investitori da tutto il mondo. Bello no?

 

SALAD, San Lorenzo Art District, ROMA (Italia)

 

Ex Manifattura Tabacchi, FIRENZE (Italia)

 

OGR. Officine Grandi Riparazioni, TORINO (Italia)

 

Cantieri culturali della Zisa, PALERMO (Italia)

 

Ruhr Cultural Center, ESSEN (DE)

 

Spinnerei, LIPSIA (DE)

 

Bethanien, BERLIN (DE)

 

HKW, BERLIN (DE)

 

RadialSystem, BERLIN (DE)

 

Humboldt Centre, BERLIN (DE)

 

Centro e Isola dei Musei, BERLIN (DE)

 

Sammlung Boros, BERLIN (DE)

 

Platoon, BERLIN (DE) (Seoul – Mexico City)

 

Ars Electronica Center, LINZ (AU)

 

OO KulturQuartier, LINZ (AU)

 

MuseumsQuartier, WIEN (AU)

 

WUK, WIEN (AU)

 

Pragovka Art District, PRAGA (CZ)

La Friche de la Belle de Mai, MARSIGLIA (FR)

 

LowenBrauKunst, Zurich (CH)

 

Manufaktura, LODSZ (PL)

 

Wester Gasfabriek, AMSTERDAM (NL)

 

High Line Art Park, NEW YORK CITY (USA)

Wynwood Art District, MIAMI (USA)

Le Centre, BOMEY-CALAVI (Bénin)

 

798 Art District, BEIJING (China)

 

Scorri per vedere le immagini di alcuni dei migliori distretti culturali e e delle più riuscite rigenerazioni urbane del mondo

 

 

 

 

 

 

 

 

ARTE PUBBLICA E SVILUPPO TERRITORIALE

Di seguito le immagini di alcuni esempi di arte pubblica e ambientale nel mondo, realizzati dai più importanti artisti e curatori del nostro tempo, parlano da sole. Sono spesso interventi di un’arte che chiamiamo comprensiva e comprendente, azioni che si trasformano in opere, quindi operAzioni, in cui le persone fanno l’opera perché a loro si ispira o con loro viene elaborata sulla scorta di asset morali e patrimoni immateriali dell’area, così l’artista dà forma ai valori delle persone che lì vivono e le persone la vivono a loro volta, dandole vita nuova ogni giorno.

Per noi Art Thinking vuol dire questo: trasmissione di informazioni emotive profondissime, visioni inedite, sogni e bisogni primari attraverso l’esperienza estetica, il corpo, il coinvolgimento fisico e metafisico, i sensi.

Dal punto di vista dello sviluppo territoriale le identità locali si trasformano in arte visibile e vivibile, in questo modo, e si coniugano con i valori universali del mondo e dell’uomo. Opere permanenti o temporanee coinvolgono il territorio fisico e le persone partendo proprio dai desideri di donne e uomini di ogni età, degli abitanti in primis, i quali vivono l’esperienza diretta e partecipata dell’arte come estasi dello stupore ma soprattutto della scoperta di nuovo senso a luoghi che pensavano di conoscere e e che, invece, proprio come noi, evolvono.

Il senso dei luoghi viene nuovamente indagato rovesciandolo da cima a fondo, e così emergono nuove valenze che generano nuovi valori e nuova consapevolezza. E nuove economie.

Questi luoghi sono visitati da milioni di persone, come nel caso della straordinaria installazione di Christo sul lago d’Iseo nel 2016 (1.400.000 visitatori in 16 giorni), l’ultima purtroppo del gigantesco artista che, insieme a sua moglie Jeanne-Claude, ha impacchettato migliaia di luoghi e monumenti significativi nel mondo (tra cui il Parlamento tedesco) facendo emergere e riscoprire la vera natura, il seme istitutivo culturale di questi landmark che influenzano i luoghi e quindi la vita di tutti.

Queste operAzioni attirano nuovi investimenti non solo per via di un turismo colto che cerca luoghi a forte identità con grandi valenze di accoglienza, dall’arte antica all’enogastronomia, dalla natura fino a questo tipo di arte pubblica di nuova generazione, ma anche perché risvegliano nella comunità energie e idee sopite e inesplorate che poi diventano impresa, in molti casi.

In questo solco concettuale e strategico non realizziamo questi interventi unicamente con l’obiettivo del turismo, anzi: la priorità ce l’hanno sempre gli abitanti, i bambini, gli anziani, le imprese. Con l’Art Thinking si costruiscono strategie per la crescita individuale e collettiva che poi sviluppano anche turismo colto e preparato, portando investitori e nuova linfa.

Il territorio cresce, produce nuova offerta e quindi attrae anche turismo evoluto. Viaggiatori veri che investono e si fermano per giorni e giorni alla scoperta di luoghi sempre nuovi, parlano con le persone e con le imprese, indagano i contesti e a volte decidono di realizzare nuove aziende e attività.

Naturalmente l’arte pubblica non ha NIENTE A CHE VEDERE CON LA STREET ART.

Questa è la vera economia della cultura: arte, partecipazione reale, armonia, eros, nuova sapienza e intelligenza producono benessere nelle città evolute. Da millenni. Quella che chiamiamo FeliCittà. Ma vale anche per le zone rurali, quelle industriali e il paesaggio… 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA NOSTRA VISION

Il pensiero pensa, l’immaginazione vede (Bruno Munari)

Bruno Munari

Con quale approccio lavoriamo lo hai già scoperto. Della nostra esperienza ventennale hai già visto tutto nelle sezioni precedenti. Capiamo perché crediamo così fortemente nell’approccio olistico e artistico alle soluzioni, e non ci concentriamo solo sul problema ma sul processo, dal quale vengono fuori soluzioni inedite e opportunità incalcolabili perché fondato sul dialogo immaginifico, grazie agli artisti.

Quello che ci portiamo dentro in ogni cosa che facciamo, il vero suono emotivo che si visualizza come un sogno rinascimentale, è rimettere le visioni e le pratiche dell’arte e degli artisti al centro e a monte delle relazioni e dei processi di sviluppo produttivo, sociale, economico, politico, agricolo, scolastico, ambientale e urbanistico, sia pubblico sia privato.

Come accade da 60mila anni, dalle grotte di Lascaux al Rinascimento, dalla Grecia all’antica Roma, dalla Mesopotamia all’Ars Electronica Center di Linz dove scienziati, artisti di ogni disciplina, imprenditori, manager, professionisti politici e amministratori pubblici lavorano ogni giorno alla soluzione di ogni tipo di problema e poi ne affidano la divulgazione agli artisti visivi (gli stessi che hanno lavorato ai temi di cui sopra) che, abituati a mostrare per informare la coscienza profonda, da monte a valle raccontano i processi in modo indelebile, favorendo la reale partecipazione collettiva e connettiva.

Quello che è bello funziona meglio, diceva Adriano Olivetti. 

L’arte è l’unica pratica che, lungo tutta la storia, ha dato senso e valore alle attività sociali e al palinsesto urbano e ambientale.

Partendo dal dato neurobiologico per cui l’uomo ragiona per immagini, si scopre come l’arte, non solo quella osservata ma quella vissuta e realizzata in prima persona, generi visione, sguardo critico, senso di appartenenza, partecipazione, capitale sociale, qualità degli spazi urbani, attrazione di attività commerciali e creative. In una parola l’arte produce emozione che informa per sempre, non suggestione momentanea, e questo si può applicare a ogni processo, ogni contesto, ogni dinamica relazionale, industriale, sociale o istituzionale. Come facciamo noi.

 

 

IL MANIFESTO ART THINKING – Museo MAXXI 2019

Dopo 15 anni di progetti concreti, ricerche, riflessioni ed esperimenti, Martedì 25 Giugno 2019 al MAXXI di Roma, durante un’intera giornata di brain storming con decine di professionisti e di scienziati, è nato il Manifesto Art Thinking da cui prende linfa la più importante pratica di Francesco Cascino prima e di Art Thinking Project adesso, che a quel tempo si chiamava Arteprima Progetti, il network professionale che ha promosso la stesura del Manifesto.

L’Art Thinking affonda le sue radici nella pratica dell’arte di massima qualità e unisce approcci immaginifici, creativi, emotivi, scientifici e laterali prima di analisi, poi di soluzione che, a loro volta, creano le basi per l’innovazione, la progettazione, la trasformazione, la rigenerazione e il problem solving di ogni genere e grado.

Le millenarie pratiche dell’arte si ibridano con modelli e best practice professionali, scientifiche e interdisciplinari in grado di fornire expertise, metriche e metodologie affidabili. Nasce così un percorso di ricerca che innova relazioni, processo e prodotto e ha come matrice unica l’estetica e la funzionalità, per troppo tempo considerate separate. È il concetto di impresa bella di Adriano Olivetti. L’estetica non è cosmetica ma percezione intelligente.

Il metodo lega efficacemente ambiti sino a ora tenuti distinti dal pensiero razionale, deformattando categorie obsolete, alla ricerca della natura comune di arte e impresa. Attraverso l’arte e gli artisti, infatti, in 20 anni di progettazione culturale abbiamo definito, affrontato e risolto temi imprenditoriali e professionali, problematiche urbanistiche, immobiliari, commerciali, agricole, ambientali, paesaggistiche e territoriali, oltre a complessità educative, scolastiche e della stessa offerta e organizzazione culturale.

Alla stesura finale del Manifesto, in quella magnifica e intensa giornata di confronto tra diversità professionali e affinità culturali che abbiamo portato in emersione, hanno partecipato scienziati, artisti, architetti, giuristi, imprenditori, associazioni di categoria, istituzioni, fondazioni, curatori e molti altri professionisti provenienti da differenti contesti per affrontare la diversity con il comune denominatore della lezione olistica di Leonardo da Vinci e di tutta quell’arte che ha anticipato l’innovazione in ogni campo.

Esperienze, visioni e competenze diverse sono finalmente tornate a confrontarsi fino in fondo.

Il Manifesto è nato grazie all’iniziativa del gruppo dirigente di Arteprima no profit e ai primi firmatari, con il prezioso contributo di Unindustria Lazio, Deutsche Bank Italia e molti altri, tra cui Alberto Sanna, neuroscienziato responsabile del Reparto Ingegneria della Consapevolezza del centro ricerche San Raffaele di Milano dove, da anni, si studia la relazione tra estetica e cervello e dove abbiamo scoperto che innestare gli artisti nei processi aziendali aumenta la velocità delle sinapsi di 70 volte rispetto alla media.

Il Manifesto segue il solco culturale e concettuale di quello dei Futuristi ed è liberamente fruibile come linea guida per una visione di crescita comune. Chiunque ne condivida la visione può aderirvi o sceglierlo come progettualità quotidiana, anche lavorando con noi.

Art Thinking Project